Essere in vacanza è non avere niente da fare e avere tutto il giorno per farlo.
(Robert Orben, scrittore contemporaneo statunitense)
La parola VACANZA deriva dal latino vacantia e significa essere libero, essere vuoto, lontano da qualsiasi occupazione della mente e del corpo…
Staccare dal lavoro e concedersi un periodo di riposo è un bisogno sia fisico che psicologico, fondamentale per trovare il necessario equilibrio tra operatività e relax, tra doveri e piaceri.
Nella società della fretta, della connessione continua, di un quotidiano fitto di impegni, con carichi e obiettivi sempre più insostenibili e al servizio della performance, molti di noi non riescono veramente a disconnettersi e molto spesso capita di portarsi dietro il lavoro anche al mare o in montagna. E quando si pensa di essere finalmente riusciti a staccare la spina, in realtà è già ora di ricominciare a pensare alle scadenze sul lavoro e alla routine quotidiana e tutto appare insormontabile e ingestibile.
I benefici di un periodo di ferie sono, solitamente, notevoli. Concedersi una vacanza non significa semplicemente “ricaricare le batterie”, bensì lasciar vivere ed esprimere quelle parti di noi che vengono sacrificate dalle redini del quotidiano.
I ritmi e gli impegni sociali e lavorativi sono sempre più pressanti tant’è che sempre più persone lamentano il fatto che i periodi che precedono e susseguono le vacanze sono i peggiori come carico di lavoro, proprio per compensare l’assenza. Questo maggior carico comporta un notevole aumento di stress che può compromettere non solo la qualità della vita al rientro dalla vacanza, ma in alcuni casi anche la vacanza stessa.
Spesso ci rendiamo conto che i primi giorni di vacanza non rispondono alle nostre aspettative di relax: ansia ed attacchi di panico possono manifestarsi anche con prepotenza.
Questo capita di frequente, così come ammalarsi o sviluppare disturbi da somatizzazione durante i primi giorni di ferie proprio perché il rilassamento, quando arriva dopo un periodo molto frenetico, porta ad un calo improvviso delle difese, sia fisiche che mentali e, appena allentate, l’ansia vi si insinua, trovando una via facile di accesso e producendo una serie di effetti a cascata che possono ripercuotersi anche sulla nostra salute fisica.
Cosa succede al nostro corpo quando siamo sotto stress?
Lo stress, o meglio l’eccesso di stress prolungato nel tempo, sta divenendo il male dei giorni d’oggi. Infatti, un continuo stato di tensione e preoccupazione è il fattore scatenante di molteplici malattie.
Eppure lo stress di per sé non è altro che un meccanismo di difesa del nostro organismo che serve a far fronte a piccole e grandi emergenze, dandoci una maggiore resistenza.
Durante le situazioni stressanti, infatti, il nostro cervello valuta l’ambiente come ostile e “lancia l’allarme” perché percepisce una minaccia. Questo allarme nasce da quelle aree cerebrali deputate alla nostra sicurezza e al mantenimento dell’omeostasi (equilibrio), le quali attivano una serie di reazioni a cascata che sfocia nella produzione di cortisolo, un ormone che permette di avere a disposizione maggiori quantità di energia, e che induce la liberazione dei neurotrasmettitori adrenalina e noradrenalina. La combinazione di questi tre elementi innalza la pressione sanguigna e la frequenza cardiaca, facendo in modo che si abbiano migliori prestazioni fisiche e maggiore prontezza ad evitare sensazioni di pericolo (la cosiddetta “reazione di attacco o fuga”).
Una volta affrontato il “nemico” però, l’organismo torna al suo equilibrio ed il corpo si rilassa e si ricarica, ma è proprio questa la parte mancante dei tempi moderni.
Numerosi studi e ricerche stanno tentando di comprendere quali siano i rapporti fra le situazioni di stress e l’abbassamento delle difese immunitarie ma tale relazione è estremamente complessa e variegata, a tal punto da essere ancora in buona parte ignota anche se è una realtà comprovata che lo stress, in vari modi, può attivare una risposta eccessiva o sbagliata del sistema immunitario. Non è un caso che in condizioni di stress le infezioni si propaghino con maggiore facilità.
Essere esposti ad un prolungato stress psicofisico altera il numero e il tipo di globuli bianchi presenti nel sangue e nei tessuti e modifica anche la qualità e la quantità delle sostanze difensive prodotte (come gli interferoni e le citochine) causando una compromissione generale della capacità di difesa dell’organismo da parte di virus, batteri ed altri agenti patogeni.
Inoltre, è stato dimostrato che lo stress prolungato altera anche la composizione delle popolazioni microbiche naturalmente presenti nell’organismo a sfavore della flora batterica endogena protettiva.
Perciò, anche se non sono ancora completamente chiari i meccanismi che regolano tale rapporto, uno stress protratto per lungo periodo aumenta il rischio di contrarre malattie infettive come raffreddore, mal di gola e influenza ma anche di essere colpiti da alterazioni della funzionalità intestinale, da vaginiti, da disturbi cutanei e infiammazioni delle mucose.
E allora… fermiamoci un po’ e come proclamava una vecchia pubblicità prendiamoci una pausa dal “logorio della vita moderna”
Numerosi studi hanno ormai inequivocabilmente e scientificamente dimostrato che una semplice vacanza possa produrre un notevole aumento del benessere psichico e fisico, innescando cambiamenti a livello genetico che smorzano lo stress, rafforzano il sistema immunitario e abbassando i livelli di alcune proteine legate allo sviluppo di demenza o depressione. Se poi alle ferie si aggiunge anche la meditazione, i vantaggi per la salute sono addirittura migliori.
Tuttavia gli effetti positivi delle ferie sono decisamente fugaci. Circa 2 persone su 3 affermano che, rientrando al lavoro, i benefici scompaiono immediatamente o dopo pochi giorni.
Si torna in città, ci aspetta il carico di lavoro accumulato, le corse, il traffico, il telefono che squilla, gli appuntamenti. Il rientro dalle vacanze viene spesso vissuto con angoscia, con preoccupazione e con la sensazione di non riuscire a fronteggiare tutti gli impegni che durante l’anno affrontiamo invece con una certa disinvoltura e con buon spirito organizzativo.
E come se non bastasse, in questi tempi di pandemia globale, lo spettro di nuove chiusure e restrizioni, le incertezze lavorative, economiche e sanitarie aggiungono il carico da novanta e non aiutano certo ad affrontare il rientro con serenità.
Molte volte in prossimità del periodo vacanziero capita di rimandare le cose che dobbiamo fare o le incombenze quotidiane, non pensando però che prima o poi arriverà il famoso “lo faccio a settembre”. Questo modo di fare genera ansia e senso di colpa, che di fatto, in maniera sotterranea, boicottano il nostro relax anche durante le vacanze perché il nostro inconscio sa che abbiamo delle cose in sospeso. Una migliore pianificazione delle cose da fare potrebbe sicuramente aiutarci a non provare questo senso di irrequietezza.
C’è chi l’ultimo giorno di vacanza già assapora il rientro a casa, il fare ritorno ai propri spazi e alle proprie abitudini, che durante la vacanza si sono abbandonate e chi, al solo pensiero di tornare alla routine, già cambia umore.
Così a due o tre giorni dal rientro, invece che portarsi dietro i benefici del riposo e del relax delle meritate vacanze, ci si sente meno in forma con una strana sensazione di tristezza, vuoto e fatica che rende difficile il ritorno al contesto e alla routine: un susseguirsi di impegni e scadenze da rispettare che si sostituisce a ritmi, luoghi ed attività gratificanti dei periodi di vacanza. Tanto da renderci anche irritabili e apparentemente incapaci di concentrarci sulle nostre attività professionali ed è possibile che il rientro al lavoro venga vissuto con sentimenti di sconforto o impotenza, difficoltà di concentrazione o sensazione di perdita delle competenze.
Come si manifesta e che cos’è la sindrome da rientro?
Il rientro da un periodo di vacanza può infatti portare anche una temporanea amnesia circa i molteplici schemi mentali acquisiti per gestire le varie sfere vitali. Questo a causa della fisiologica deattivazione e cancellazione da parte del cervello di alcuni passaggi mnemonici, in concomitanza di un periodo di non utilizzo e necessari per poter agevolare il riposo.
Anche per i nostri bambini e i ragazzi (che hanno fatto vacanze molto più lunghe di noi genitori, magari insieme ai nonni o agli amici) rientrare può essere un vero e proprio lutto, e passare dai mesi di giochi e divertimenti a diverse ore su un banco, può essere molto difficile e stressante.
È stato stimato che un italiano su tre soffre della cosiddetta “sindrome da rientro”, o “post-vacation blues”. Un disagio, riconosciuto ormai a pieno titolo dagli psicologi, non così banale come si crede perché comporta la comparsa di astenìa, calo dell’attenzione, mal di testa, scarsa energia, diffuso senso di malessere ma anche disturbi digestivi, dolori muscolari, tachicardia, ipersudorazione, insonnia e sbalzi d’umore, senso di vuoto, malinconia e tristezza.
Non è una vera e propria patologia, ma un disturbo dell’adattamento, una risposta psico-fisiologica al rituffarsi nella realtà quotidiana, che può riguardare soggetti di tutte le età.
Un meccanismo scaturito dal sistema ipotalamo-ipofisi-surrene che se rimane entro certi limiti spazio-temporali, può essere considerato normale, in virtù del fatto che il riprendere le proprie attività, con i conseguenti ritmi e responsabilità richiede all’individuo energie sia psicologiche che fisiche di riadattamento.
Se però il quadro sintomatologico della sindrome da rientro prolunga la sua permanenza aumentando di intensità e andando a influenzare i molteplici aspetti della vita dell’individuo, può portare a veri e propri disturbi d’ansia o disturbi dell’umore e richiedere quindi l’intervento di uno specialista della salute mentale, per un’analisi approfondita che rilevi possibili veri e propri problemi psicologici.
Non fatevi spaventare!!!
Se vi capita di sperimentare questo tipo di malessere, sappiate di essere in nutrita compagnia: l’ansia nella vita quotidiana affligge molte persone e solo comprendendone il messaggio la potrete eliminare, altrimenti continuerà ad affiorare, sabotando la vostra serenità.
Da una cosa apparentemente così banale, come la sindrome da rientro, possono nascere delle domande e delle riflessioni che possono trovare delle risposte e dei modi nuovi di affrontare le situazioni.
Chiedere aiuto per imparare a comprendersi meglio è sempre un primo passo positivo!